Lebron

Ed alla fine Lebron ce l’ha fatta. Quarto anello conquistato e detrattori in silenzio. Lebron non si adatta. Sono gli altri a doversi adattare a Lebron. E’ valso per Miami, per la stessa Cleveland ed ora per Los Angeles. Lui è il trascinatore, la stella che si carica sulle spalle onore ed onore di portare la propria squadra alla vittoria.

Intelligenza cestistica a parte, è semplicemente un portento della natura. Portento allenato. Perché sta lì tutta la differenza tra un Lebron e qualsiasi altro talento NBA: le sessioni di allenamento. Quelle che hanno fatto la differenza anche per MJ e KB, quelle che distinguono i campioni dalle leggende. E Lebron sta in quell’Olimpo da protagonista. Le sue capacità fisiche sono superate dalla sua costanza e nella cura meticolosa dei dettagli. Niente è lasciato al caso, né l’esplosività del suo fisico né l’approccio mentale alle partite, dalla prima della stagione all’ultima delle finals.

I Lakers hanno giocato come al gatto col topo con gli avversari le cui assenze causa infortunio hanno pesato troppo sul bilancio della serie. Hanno provato a sovvertire un pronostico già scritto. Onore a loro, ma lo strapotere del duo Lebron – Davis, un Caruso in modalità Matt Dellavedova e la strapotenza fisica in ogni spot erano scogli invalicabili.

Lebron

Ad Orlando si è scritta un’altra pagina di uno sport che regala emozioni sempre. Sia su di un campo minors che nella bolgia di un palazzetto serbo. Ora è arrivato il momento di capire quale sia il futuro di questo sport e se NBA e EUROLEGA riescano a trovare un accordo per quello che potrebbe essere l’evento del millennio. Una partita che decida la squadra campione del globo terrestre. Ma, nel frattempo, sarebbe già tanto se le regole di un campionato si uniformassero a quelle dell’altro.